Il CEDRO DI CALABRIA definito “agrume nobile” è l’agrume più antico coltivato in Calabria.

La sua coltivazione è circoscritta lungo la Riviera dei Cedri da cui prende il nome, precisamente nella fascia costiera dell’alto Tirreno cosentino dove si ottiene il 98% della produzione nazionale. 

In questo territorio della Magna Grecia sono presenti le condizioni microclimatiche ideali, ovvero un clima mite e senza sbalzi termici, caratteristiche del terreno, inclinazione del sole e la ventilazione, tutto ciò offre al cedro calabrese una qualità differente dalle altre. 

Il “cedro calabrese” è una vera e propria miniera di sostanze nutritive importanti per il benessere del nostro organismo. E’ privo di grassi e proteine, ma ricco di vitamine, sali minerali e flavonoidi (potenti antiossidanti). Possiede proprietà lassative e antitumorali soprattutto per il colon; è un antipertensivo naturale, un ottimo alleato in caso di cistite e disturbi renali, digestivo e ottimo per  bruciori di stomaco. 

La buona quantità di vitamina C gli dona proprietà disinfettanti ed antibatteriche rendendo il sistema immunitario più forte e resistente agli attacchi di batteri e virus. 

Secondo una scoperta dell’Unical, pubblicata dalla rivista scientifica Phytotherapy Research, può essere considerato anche un ottimo contributo naturale per la cura dell’Alzheimer e il diabete. 

La pianta è un albero a ramificazione bassa di solito circoscritta da un telaio la cui l’altezza non può essere superata, si moltiplica per talea e presenta spine resistenti e lunghe che lo differenziano dal limone. Nei mesi invernali viene coperta con particolari teli dato che è una pianta molto delicata e soffre gli sbalzi di temperatura. Fiorisce tutto l’anno, i frutti si raccolgono tra ottobre e dicembre e la raccolta avviene stando in ginocchio essendo le piante basse e le spine dei rami acuminati.

Il frutto è grande 20 – 30 cm, verde e dalla forma ovale, talvolta con una leggera protuberanza al peduncolo e un po’ appuntito dalla parte opposta. La buccia è ruvida e spessa e costituisce fino al 75% del frutto maturo, ma a differenza degli altri agrumi la parte bianca della buccia è commestibile e molto succosa.

Altra particolarità è il legame molto profondo del mondo ebraico con questa pianta e i suoi frutti, che sono considerati sacri e indispensabili per la più importante delle festività, la festa delle Capanne o Sukkoth. Per questo i rabbini di tutto il mondo ogni estate, tra luglio e agosto, si danno appuntamento proprio a Santa Maria del Cedro e insieme ai contadini del posto selezionano uno a uno i cedri migliori. 

La scelta del cedro da utilizzare è particolarmente accurata, le piante il cui raccolto è destinato ai festeggiamenti del Sukkoth sono alte fino a 120 cm. Vengono scelti solo i frutti degli alberi più belli, non innestati, ed almeno al quarto anno di produzione.

Secondo un’antica tradizione ebraica fu Dio stesso a indicare a Mosè, durante l’esodo del popolo ebraico verso la Terra Promessa, il cedro (etròg in ebraico) come una delle quattro piante da utilizzare in occasione della celebrazione religiosa dei Tabernacoli o delle Capanne. Da allora, ogni anno ad ottobre, gli ebrei obbediscono a Mosè. Per una settimana allestiscono capanne nei giardini o sui balconi, vivono all’aperto e nei sette giorni, ad eccezione del sabato, portano nella mano destra un ramo di palma assieme a due di salice e tre di mirto e nella sinistra un piccolo cedro. 

Il cedro ha origini molto antiche, nella Bibbia viene citato circa 70 volte, descritto come il frutto dell’albero più bello e come il pomo proibito del Giardino dell’Eden.

In Italia il Cedro era noto già al tempo della Magna Graecia e dei Romani per merito delle comunità ebraiche, che importandolo dall’Egitto ne diffusero la coltivazione prima in Palestina e poi in tutte le altre regioni dove furono costretti a emigrare per sfuggire alle deportazioni.