Il caffè, termine proveniente dall’arabo che significa “bevanda stimolante”, è ottenuto dalla macinazione dei semi di alberi tropicali appartenenti al genere Coffea della famiglia delle Rubiacee. Le origini del caffè non sono note, sicuramente si diffuse prima nel mondo arabo per poi arrivare in Europa. Oggi il caffè è una delle merci più scambiate insieme al petrolio e all’acciaio.

All’interno del genere Coffea sono identificate oltre 100 specie, commercialmente le più diffuse sono l’arabica e la robusta.

La specie che è stata usata per prima è la Coffea arabica, una pianta originaria dell’Etiopia (dove il caffè viene chiamato buna), del Sudan e del Kenia. I semi hanno un contenuto di caffeina molto inferiore rispetto ai semi delle altre specie di larga diffusione. La pianta è autoimpollinante e predilige coltivazioni ad alta quota, tra 1.000 e 2.000 metri.

Molto coltivata invece è la Coffea robusta, originaria dell’Africa tropicale. Il contenuto di caffeina è circa doppio che nell’arabica. Le piante prosperano anche in pianura con un’altitudine che varia dal livello del mare e fino ai 900 metri, poichè sopportano più facilmente shock termici, malattie e aggressioni da parte di parassiti, ed è per questo che vengono chiamate “robusta” e queste sue caratteristiche le rendono anche anche più economiche.

I maggiori produttori mondiali sono il Brasile, il Vietnam, la Colombia e l’Indonesia, e il Brasile da solo produce quasi un terzo del caffè nel mondo. Altri importanti produttori sono Messico, Guatemala, Hoduras, Nicaragua, El Salvador, Etiopia, India, Ecuador.

La caffeina è la sostanza psicoattiva più consumata al mondo e in natura si trova in diverse piante: caffè, cacao, tè, cola, guaranà e mate. Queste piante producono caffeina per difendersi dagli insetti, in quanto è un vero e proprio pesticida naturale.

La raccolta delle bacche dei chicchi di caffè dovrebbe avvenire a rotazione, in gergo tecnico per picking: i raccoglitori passando a piedi più e più volte tra le piante di caffè colgono uno ad uno solo i frutti giunti a perfetta maturazione, per una varietà di caffè più pregiata. 

Il processo di essiccazione  “a umido”  prevede che i chicchi vengano posti in enormi vasche di acqua e cerniti sulla base del loro galleggiamento. Viene rimosso il guscio esterno e i chicchi vengono fatti fermentare in modo controllato, dalle 12 alle 48 ore, amplificando la loro aromaticità e dolcezza. Quindi vengono lavati e fatti essiccare al sole e infine selezionati ulteriormente a seconda delle loro dimensioni e in base all’assenza di difetti. 

Le dimensioni dei chicchi sono parametri standard internazionali utilizzati per formulare la classificazione di qualità del caffè.

L’altro metodo di raccolta dei chicchi di caffè è chiamato stripping: il raccoglitore fa scorrere la mano per il ramo togliendo tutto. Questa tecnica si applica a zone di coltivazione intensiva per varietà di caffè non pregiate. Il processo di essiccazione “a secco” prevede che le drupe vengano mescolate continuamente per evitare la formazione di muffe. Raggiunta l’essiccazione il guscio secco viene frantumato e si liberano i due chicchi di caffè presenti al suo interno.

La successiva tostatura dei chicchi avviene ad una temperatura compresa tra i 200 e i 250° Celsius, per un tempo compreso tra i 10 e i 20 minuti. 

Le sostanze contenute nel caffè sono molte, non solamente la caffeina, ma il loro ruolo benefico non è stato così studiato come quello della caffeina. Sono state individuate sostanze antinfiammatorie, antimutagene e antiossidanti ma in quantità che non giustificano un abbondante consumo di caffè.